Quali sono i dettagli da tenere in considerazione quando si va in pensione per aumentare l’importo del cedolino? Lo spiegano i Caf.
Il meccanismo di calcolo del trattamento pensionistico che, raggiunti i requisiti per terminare l’attività lavorativa, verrà mensilmente corrisposto, deve tenere conto di una molteplicità di variabili e non è sempre così semplice. Per tale motivo esistono dei simulatori online e si fa affidamento sui patronati per la corretta applicazione del coefficiente di trasformazione basato sull’età anagrafica e sui contributi versati.
Le verifiche che bisogna fare quando è arrivato il momento di smettere di lavorare sono diverse, in maniera tale da ricevere un assegno il cui importo rispecchi effettivamente quanto dovuto. Ma a cosa, in particolare, occorre prestare attenzione? E quali elementi potrebbero consentire di incrementare l’importo della pensione?
Se da un lato è vero che delegare tutto al patronato che si occupa di predisporre la pratica ed inoltrare la domanda rappresenta una grande comodità, dall’altro non si può mai escludere al 100% il rischio di sviste ed errori che potrebbero influenzare le somme successivamente erogate. Vi sono dunque una serie di accorgimenti dei quali occorre tenere conto per non incappare in brutte sorprese, ricordando che la pensione vi accompagnerà per il resto della vita ed è essenziale dunque che le somme versate siano corrette e prive di mancanze.
Anzitutto occorre verificare l’estratto conto contributivo, in particolar modo per quanto riguarda le pensioni anticipate: dopo averlo scaricato dal portale Inps andrà richiesto l’ECO-CERT, che ha valore di certificazione e presenta i contributi ‘definitivi’. A questo punto andrà verificata la misura di pensionamento che meglio si abbina ai propri requisiti, passaggio importante per scegliere la migliore in termini di importi.
Per fare un esempio potrebbe trattarsi di dover scegliere tra Quota 41 precoci e Quota 103, stabilendo quale sia più vantaggiosa. Importante è anche verificare l’eventuale contribuzione ‘dannosa’ ovvero che potrebbe penalizzare il calcolo della pensione anziché migliorarlo, in particolar modo nel caso in cui si abbia diritto ad un calcolo retributivo della prestazione.
Si tratta di un aspetto molto spesso sottovalutato, ma sfruttare la possibilità di sterilizzare i contributi ‘penalizzanti’ potrebbe garantire importanti benefici dal punto di vista del valore dell’assegno. Li si escluderebbe infatti dal calcolo, a patto che essi non siano utili al diritto della pensione e ricordando che questa misura può essere utilizzata esclusivamente sugli ultimi cinque anni di attività lavorativa e di relativa contribuzione.
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