In genere, a qualsiasi livello, si invoca sempre la partecipazione dei cittadini. Specialmente la politica sottolinea questa esigenza.
Salvo poi verificare che quasi mai si tratta di una vera partecipazione attiva: può capitare di essere risucchiati in una qualche assemblea pubblica.
In questi casi il decisore politico, nel migliore dei casi dà informazioni (quasi sempre, ovviamente, dal suo soggettivo punto di vista); altre volte ci si può trovare coinvolti in un assemblearismo che mal si concilia con una plurale disamina critica dei contenuti del problema; in altri casi ancora si può avere la sensazione di partecipare alla definizione di una qualche decisione, ma può capitare che sia più che altro un’illusione, visto che le decisioni vere potrebbero essere state prese in altri tavoli, molto meno affollati.
È il peccato originale della nostra politica, di una classe di decisori che non si spogliano mai delle loro prerogative decisionali, e se lo fanno è solo marginalmente, per un tempo limitato e per argomenti secondari. Del resto per consentire ad un’assemblea, o anche più semplicemente, a un gruppo rappresentativo di cittadini, di arrivare a una decisione soppesata, è richiesto che abbiano opportune e sufficienti basi di conoscenza, nessun interesse personale e la necessaria onestà intellettuale per affrontare i perigli di giudizi complessi.
L’approccio partecipativo descritto nel contributo di Simone Franceschini e Gerardo Marletto, curato da Roberto Sinibaldi, si inquadra in un procedimento tutto diverso dai rischi sopra paventati, nel quale la democrazia diretta genera “un effetto di mutuo apprendimento che deriva dall’interazione tra i partecipanti, attraverso il quale i soggetti coinvolti possono mutare le proprie posizioni di partenza, raggiungendo decisioni convergenti”. Si tratta di un interessante esperimento che riguarda il traffico automobilistico del quartiere Murat, a Bari.
Un quartiere molto compresso, densamente abitato e trafficato, con un surplus di auto in transito e in sosta, tale da richiedere soluzioni più possibile condivise con i cittadini ed in particolare i residenti. Le soluzioni imposte dall’alto, infatti, non hanno fortuna, se, come può accadere, si scontrano con il sentire sociale. In questo caso assistiamo a una esperienza riuscita, nella quale i tecnici hanno seguito un copione non prestabilito, condividendo con i cittadini analisi e difficoltà, che hanno consentito una soluzione attuabile perché partecipata.
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