“L’ecologia è reticolare… Capire gli ecosistemi in altri termini significa comprendere le reti”, suggerisce Massimo Di Felice, docente all’Università di S.Paulo del Brasile e autore di questo contributo (curato da Roberto Sinibaldi).
Di Felice si incammina su un pendio diverso e poco esplorato
della comunicazione ambientale, delle relazioni tra uomo e natura, indagate attraverso le tecnologie digitali.
Un contributo connotato da riflessioni profonde, avulse da qualsiasi esaltazione ipertecnologica, anzi. Si tratta quasi di una riscoperta, di conferme che traggono le loro basi dalla natura: le reti, il web, Internet, la ragnatela planetaria della conoscenza avvolge l’umanità con la stessa imponderabile complessità del labirinto che presiede gli equilibri ecologici.
Una complessità ancestrale, premoderna e onnicomprensiva che l’uomo
cerca di dominare: è la complessità del mondo, che il web, le connessioni
mondiali di dati, ricalcano sul labirinto che è dentro di noi, nel nostro
cervello, e sul labirinto che è fuori di noi, nelle nostre città. La conoscenza deve ramificarsi continuamente, prendere mille strade, per individuare le figure celate negli arabeschi del tappeto delle nostre vite.
È possibile così che luoghi estranei alla realtà raccontino la realtà. La via della metafora, per capire – estraniandosi – quello che accade intorno a noi. Gli antenati siamo noi e il futuro siamo noi, realizzarsi essere umani attraverso un impegno non individualistico, a cui giungere nell’esercizio di una autodeterminazione individuale, può essere un obiettivo. L’aspirazione alla completezza, al di là delle mutilazioni imposte dalla società, potrà essere così nell’albero genealogico dell’uomo contemporaneo.
Una rivoluzione tecnologica
E a proposito di completezza, in Italia coloro che usano Internet tutti i
giorni sono passati da poco più del 30% del 2009 a circa il 50% attuale. Un salto notevole in soli cinque anni. Le fratture generazionali sono evidenti: fino ai 20 anni praticamente tutti utilizzano la rete: fino ai 29 anni abbiamo i nativi digitali e dopo i 65 anni ci sono i cosiddetti tardivi digitali. Internet per almeno una metà degli italiani viene considerato un diritto di cittadinanza; il 38% lo pensa come un’opportunità. Una quota del 10% lo rileva quasi come un danno.
In questo caso conta moltissimo l’età (fonte sondaggi Demos, 2014). Ma c’è di più: tra i possessori di smartphone e tablet il 27%
considera il loro uso una necessità quasi fisica; il 23% una condizione imprescindibile per poter stare in un luogo (tanto è vero che la prima cosa che fanno è verificare se c’è una connessione); il 20% dicono che anche quando sono con amici o altre persone sono comunque sempre collegati, guardano i social network, chattano ecc. Dovunque e sempre sono in contatto con tutti, e soli.
Tra le tantissime possibilità si può fare l’esempio di Wikipedia, che a livello globale ha numeri impressionanti: 500 milioni di visitatori unici tutti i mesi; 21 miliardi di pagine viste ogni mese; 31 milioni di articoli di Wikipedia nel mondo. Wikipedia è un’enciclopedia in centinaia di lingue diverse, fa parte della galassia multimediale Wikimedia, che è una famiglia di progetti di cultura libera, volontari e gratuiti. Wikipedia è uno dei cinque o sei grandi siti più visitati al mondo, non commerciale.
Internet è uno strumento di istruzione di massa. Non è altro che un moltiplicatore, ha completamente rivoluzionato il modo in cui ricerchiamo e usufruiamo delle informazioni, nel bene e nel male. Infatti le informazione sono molto più libere, diffuse e accessibili; di contro si ha spersonalizzazione e un possibile spaesamento dovuto all’enormità delle stesse informazioni.
La democrazia ha a che fare sempre con l’informazione e la comunicazione,
e la comunicazione è in continua evoluzione. Internet fa parte di questi
cambiamenti e i dati appena richiamati ne esemplificano le enormi potenzialità, ma anche il rischio che si trasformi da uno strumento di liberazione a qualcosa che incatena, se soprattutto una fascia giovanile dichiara la totale dipendenza alla rete.
Semplicemente siamo dentro a una rivoluzione tecnologica, e quindi culturale a tutti gli effetti, come siamo dentro a una rivoluzione tecnologica, e quindi culturale, che ci porterà dal petrolio a qualche altra cosa (l’energia solare probabilmente).
Comprendere la tecnologia nelle sue dinamiche più profonde significa comprendere quello che stiamo diventando, quello che saremo e come impareremo gradatamente ad abitare il mondo. Un mondo possibile.